L’associazione Periplo Familiare tutela i diritti dei pazienti danneggiati e dei loro familiari supportandoli prima di tutto nelle giuste azioni da compiere.
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare dal nome, la chirurgia generale è una specializzazione chirurgica che si occupa degli interventi che interessano gli organi della cavità addominale quali: l’intestino, l’esofago, lo stomaco, il colon, il fegato, pancreas e la cistifellea o colecisti (dotti biliari inclusi), duodeno, oltre alla tiroide e alla mammella.
I casi più frequenti di errori medici che si registrano nella chirurgia generale riguardano le lesioni di nervi, vasi ed organi durante gli interventi chirurgici; le aderenze e le infezioni post-operatorie; gli emboli e le tromboembolie per mancata terapia anticoagulante; l’errato posizionamento delle clips e la ritenzione di strumentazione chirurgica nel corpo del paziente.
L’associazione Periplo Familiare si impegna attivamente nella tutela dei pazienti che hanno subito danni a causa di errori in chirurgia generale. Con un team di avvocati esperti in malasanità e medici specializzati, offriamo consulenza e assistenza legale per affrontare casi di errori chirurgici. La nostra esperienza e conoscenza nel campo ci permettono di seguire con competenza anche i casi più complessi di malasanità ed errori medici in chirurgia generale.
L’appendicite è un’infiammazione dell’appendice, un sottile organo a forma di sacchetto allungato che si trova nella parte destra della pancia. L’assenza di diagnosi può portare a perforazione e peritonite. Il sintomo più comune è un dolore nel quadrante inferiore destro che può essere accompagnato da febbre, inappetenza, nausea e vomito. In genere, il trattamento consiste nella rimozione chirurgica (appendicectomia) entro 24-48 ore dai primi sintomi, in quanto il ritardo porta generalmente a rottura e peritonite, con versamento di materiale fecale nell’addome. L’appendicite acuta rappresenta una delle cause più frequenti di dolore addominale e di accesso in Pronto Soccorso.
Conseguenze da ritardo diagnostico
La signora Simonetta, romana di 47 anni, si reca al Pronto Soccorso per intensi dolori in sede inguinale. Qui, dopo essere stata visitata, viene dimessa con una diagnosi di ernia inguinale ma senza complicanze. Dopo sole due settimane, i dolori continuano ad essere persistenti, così Simonetta è costretta a tornare al P.S. dello stesso Ospedale dove però viene trattata con un semplice farmaco antidolorifico e rimandata al suo medico curante. Nei giorni successivi la situazione resta immutata, ma questa volta Simonetta decide di rivolgersi ad un altro Ospedale dove fortunatamente lo staff medico la sottopone a indagini più approfondite che le consentono di giungere alla diagnosi corretta di appendicite. Un ritardo maggiore avrebbe potuto dar seguito a una grave perforazione.
DANNO SUBITO
A causa di questo ritardo diagnostico, sia durante il primo che il secondo accesso al Pronto Soccorso, la signora Simonetta ha riportato varie conseguenze e sofferenze, anche di tipo psicologico, che potevano essere evitate se si fosse proceduto subito ai necessari accertamenti.
RISARCIMENTO
Dopo aver preso contatto con l’Ospedale responsabile, la vertenza si è conclusa con un accordo transattivo tra le parti, che ha riconosciuto alla signora Simonetta un risarcimento di € 48.000,00.
La peritonite è un’infiammazione che colpisce il peritoneo, ovvero la membrana di rivestimento della parete addominale e della maggior parte dei visceri dentro di essa contenuti. Può essere causata da batteri (soprattutto Escherichia coli e streptococchi) o da sostanze irritanti introdotte nella cavità addominale da una ferita o dalla perforazione di un organo del tratto intestinale o riproduttivo.
Compare di solito come conseguenza della rottura dell’appendice ma si manifesta anche in seguito a perforazione di diverticoli intestinali, ulcera peptica, colecistite gangrenosa, ostruzione gangrenosa dell’intestino tenue o ernia incarcerata. Altri fattori scatenanti sono: rottura della milza, del fegato, di cisti ovariche o di una tuba di Falloppio, specialmente nel caso di gravidanza extrauterina.
Danno estetico da ritardo diagnostico
Sono le 16,30 quando Giovanna, una ragazza di 23 anni di Latina, si reca al Pronto Soccorso a causa di forti dolori addominali. Un’attesa che si protrae fino alle 19,30, ora in cui Giovanna viene visitata da un medico che, senza eseguire alcun esame diagnostico, la dimette prescrivendole un semplice antidolorifico. Giovanna assume ben 2 dosi del farmaco prescritto ma dopo 3 ore, i dolori anziché diminuire aumentano. Decide quindi di recarsi nuovamente in Ospedale, questa volta accompagnata dai suoi genitori, dove viene accolta da un altro medico che fortunatamente le diagnostica una grave peritonite in atto. L’intervento di appendicectomia viene eseguito d’urgenza ma un ritardo in più avrebbe potuto esserle fatale.
DANNO SUBITO
A causa del ritardo diagnostico, l’intervento d’urgenza è stato maggiormente invasivo e ha interessato un’ampia zona chirurgica, provocando una cicatrice di grandi dimensioni e vistosamente antiestetica.
RISARCIMENTO
Dopo aver preso contatto con l’Ospedale di Latina, la vertenza si è conclusa con un accordo transattivo tra le parti, che ha riconosciuto a Giovanna un risarcimento pari a € 24.000,00.
È l’asportazione chirurgica della ghiandola tiroidea, eseguita per gozzo colloide, tumori o ipertiroidismo che non risponde alla terapia con iodio e con farmaci antitiroidei.
Quasi il 90% -95% del tessuto tiroideo viene eliminato: la ricrescita di solito comincia poco dopo l’asportazione chirurgica, e la funzione tiroidea può ritornare normale. In caso di cancro della tiroide, viene asportata l’intera ghiandola in una radicale dissezione del collo. Se vengono trovate cellule neoplastiche, viene rimossa tutta o gran parte della ghiandola. Dopo l’intervento il paziente viene tenuto sotto osservazione per l’eventuale comparsa di segni di emorragia, di difficoltà respiratoria causata da edema della glottide, di contratture muscolari da tetania e asportazione accidentale delle paratiroidi.
Insufficienza respiratoria e grave disfonia
La signora Rita, di 60 anni, si sottopone ad una tiroidectomia totale. L’operazione però non è preceduta né da consenso informato né dalla raccolta dei dati anamnestici. Dopo poche ore dall’intervento, Rita accusa una grave crisi respiratoria e disfonia. Viene pertanto sottoposta a visita otorinolaringoiatrica che depone per un quadro laringoscopico caratterizzato da “corde vocali fisse e spazio respiratorio notevolmente ridotto”. Poiché la situazione, anche dopo le cure somministrate, non presenta alcun miglioramento, Rita viene trasferita in terapia intensiva.
Dopo una settimana, stabilizzate le condizioni, viene dimessa senza una programmazione di terapie e controlli post-chirurgici. Tornata al proprio domicilio, Rita continua ad accusare problemi respiratori che la costringono a recarsi privatamente presso un medico otorinolaringoiatra, il quale conferma la paresi di entrambe le corde vocali. Col trascorrere dei giorni la situazione peggiora tanto che numerosi sono i ricorsi al Pronto Soccorso per crisi respiratorie, dove in alcuni casi è stato necessario sottoporre la signora a interventi di dilatazione per facilitare la respirazione.
IL DANNO SUBITO
La signora Rita ad oggi presenta un danno irreversibile consistente in un’insufficienza respiratoria e una grave disfonia. A questo quadro clinico si aggiunge una forte depressione post-traumatica.
IL RISARCIMENTO
Inoltrata la richiesta di riconoscimento del danno, in tempi ragionevolmente brevi la compagnia assicuratrice dell’Azienda ospedaliera sottopone a visita la signora Rita e successivamente, a seguito di una lunga trattativa intercorsa con l’Associazione, la vertenza si definisce con la corresponsione di € 145.000,00.
È la rimozione chirurgica della colecisti , eseguita per trattare la colelitiasi e la colecistite. L’intervento chirurgico può essere ritardato mentre viene trattata l’infiammazione acuta.
Prima dell’intervento possono essere richiesti un elettrocardiogramma e le prove di funzionalità epatica. La complicanza più comune è la rottura del dotto epatico o di un altro dotto del sistema biliare che richiede la correzione chirurgica. Possono verificarsi anche infezioni della ferita, emorragie, perdite di bile e ittero.
Grave lesione delle vie biliari
La signora Francesca, di 45 anni, si sottopone ad uno screening di prevenzione dal quale emergono delle formazioni anomale nella colecisti. Presi i contatti con un chirurgo, viene sottoposta ad intervento di rimozione. Tutto sembra andare bene e l’esame istologico estemporaneo depone per formazioni benigne tanto che, il giorno successivo all’operazione, Francesca viene dimessa pur accusando dolori che i medici però definiscono “normali”. Purtroppo dopo sole 48 ore, non essendo affatto risolta la sintomatologia dolorosa, che diventa sempre più grave, si rende necessario un nuovo ricovero.
Eseguite delle indagini radiografiche, si accerta che nel corso dell’intervento di colecistectomia eseguito in laparoscopia è stata causata una grave lesione delle vie biliari. Francesca viene quindi sottoposta ad un nuovo intervento d’urgenza in laparotomia che la costringe a un ricovero di ben 30 giorni, a causa anche della presenza di un prolungato stato febbrile.
IL DANNO SUBITO
Con il secondo intervento, si è provveduto ad emendare il primo danno intercorso di lesione delle vie biliari, ma questa operazione in laparotomia ha causato un considerevole danno estetico, una condizione fisica debilitata da stato febbrile perdurante ed un lungo ricovero ospedaliero.
IL RISARCIMENTO
La vertenza si è risolta dopo lunghe trattative con il riconoscimento della responsabilità da parte degli operatori e un risarcimento in favore della signora Francesca di € 37.0000,00.
Lesione del dotto epatico
Il signor Francesco, di 55 anni, viene ricoverato in ospedale per una colecisti acuta litiasica. Eseguiti gli esami ematici e diagnostici di routine, viene sottoposto ad intervento di rimozione, ma durante le manovre di dissezione viene procurata una lesione al dotto epatico destro, problematica che richiede immediata conversione dell’intervento in laparotomia. Il post operatorio è complicato da una mancata tenuta della sutura dello stent, con conseguenze che rendono necessario il trasferimento del signor Francesco presso un altro ospedale dove viene eseguita una operazione chirurgica in relaparotomia ed un ulteriore intervento, a distanza di pochi giorni, per la presenza di falda.
IL DANNO SUBITO
Una vicenda che ha visto il susseguirsi di malpratiche sanitarie e ha comportato al signor Francesco gravi danni fisici, nonché un forte stato di stress.
IL RISARCIMENTO
È stato necessario incardinare un giudizio per veder riconosciuta la responsabilità dei sanitari di prime cure e ottenere un risarcimento in favore del signor Francesco di € 113.000,00.
La colonscopia è un esame diagnostico volto a esplorare le pareti interne del colon per scoprire eventuali lesioni, ulcerazioni, occlusioni, masse tumorali. Si esegue usando un colonscopio o un lungo endoscopio.
Grave danno da perforazione
La signora Cesarina, di 74 anni, si reca in ospedale per eseguire una colonscopia. Durante la procedura endoscopica le viene causato un danno da perforazione che l’operatore provvede a chiudere con 6 endoclips, senza procedere ad alcun intervento chirurgico. Questo però si rende necessario solo 24 ore dopo, quando si viene a creare una contaminazione fecale. La signora Cesarina viene quindi sottoposta ad ampia laparotomia e confezionamento di colostomia, chiusa dopo 4 mesi.
IL DANNO SUBITO
Il danno subito dalla signora le ha causato gravi e lunghe sofferenze che potevano essere evitate laddove i sanitari fossero intervenuti chirurgicamente nell’immediatezza.
IL RISARCIMENTO
La vertenza si è definita in via transattiva con la compagnia assicuratrice della struttura ospedaliera con il risarcimento a favore della signora Cesarina di € 45.000,00.
L’emorroidectomia è una tecnica operatoria per la cura radicale delle emorroidi. Questo tipo di operazione consiste nella rimozione chirurgica dell’eccesso di tessuto che provoca il sanguinamento o il prolasso. Possono essere utilizzate diverse tecniche chirurgiche che prendono il nome dal chirurgo che le ha ideate (Milligan, Morgan, Longo o Ferguson) o dal tipo di strumento utilizzato per l’asportazione delle ectasie venose. L’intervento di solito dura circa 30-40 minuti e può essere effettuato con anestesia generale, spinale o locale.
Lesione irreversibile dello sfintere
Il signor Emanuele, di anni 45, da qualche tempo accusa forti dolori anali. Decide quindi di sottoporsi a visita proctologica nella quale gli viene diagnosticata la presenza di emorroidi interne di 3° grado. Su consiglio del medico decide di sottoporsi ad intervento, con la rassicurazione che si sarebbe trattato di una operazione semplice ed esente da rischi, dalla quale avrebbe tratto solo benefici. Dopo l’intervento, Emanuele accusa dolori fortissimi, perdite ematiche e successivamente anche perdita di feci. Problemi che purtroppo divengono irreversibili.
IL DANNO SUBITO
Durante l’intervento, a causa dell’uso di una suturatrice meccanica, viene lesionato lo sfintere causando al signor Emanuele una conseguente incontinenza irreversibile e una forma depressiva grave.
IL RISARCIMENTO
Dopo una fase iniziale nel corso della quale la struttura ospedaliera ha respinto ogni addebito, si è raggiunta una transazione appena prima dell’azione giudiziale con una corresponsione in favore di Emanuele della somma di € 183.000,00.
L’aneurisma dell’aorta addominale è una dilatazione patologica permanente, una sorta di rigonfiamento simile ad una pallina, che interessa la parete della più grande arteria dell’addome. Generalmente è dovuta ad aterosclerosi e ipertensione, ovvero a trauma, infezione o debolezza congenita della parete vasale.
Decesso da valutazione preoperatoria e incuria post operatoria
Il signor Fulvio, di 78 anni, viene sottoposto ad intervento chirurgico di resezione e sostituzione dell’aorta addominale della durata di ben 8 ore. L’atto operatorio non viene preceduto da una valida informativa circa i rischi dell’intervento e la scheda si presenta del tutto lacunosa e superficiale. Nell’immediato post operatorio, il signor Fulvio viene trasferito in terapia intensiva e vengono eseguite delle trasfusioni di sangue a causa della presenza di materiale siero-ematico nei drenaggi. Situazione che non induce i sanitari a sottoporre il signor Fulvio ad ulteriori accertamenti.
Le condizioni di Fulvio purtroppo precipitano, tanto da rendersi necessario un nuovo intervento che tuttavia non si dimostra risolutivo conducendo anzi il signor Fulvio, di lì a poco, al decesso.
IL DANNO SUBITO
Fatale si è rivelata l’errata valutazione preoperatoria di Fulvio che, viste le condizioni cliniche generali, doveva essere sottoposto agevolmente e con minori rischi ad un intervento chirurgico endovascolare. Inoltre il controllo postoperatorio si è dimostrato superficiale ed inadeguato: di fronte a perdite ematiche, sono stati omessi i doverosi accertamenti diagnostici, mentre una semplice TAC, se fosse stata eseguita, avrebbe evidenziato l’emorragia in atto.
IL RISARCIMENTO
La compagnia assicuratrice della struttura destinataria della richiesta di risarcimento ha riconosciuto la responsabilità dei sanitari, che non hanno correttamente valutato le condizioni prima dell’intervento e non ne hanno correttamente seguito il decorso postoperatorio, ed ha pertanto liquidato gli eredi in via bonaria con un risarcimento complessivo di euro 235.000,00.
L’occlusione intestinale è un’importante compromissione o una completa interruzione del passaggio di contenuto nell’intestino a causa di una patologia che provoca il blocco dell’intestino.
I sintomi comprendono: dolori crampiformi, vomito, stipsi e mancata emissione di gas intestinali. La diagnosi è clinica ed è confermata dalla RX dell’addome. Il trattamento dell’occlusione consiste nell’infusione di liquidi, nell’aspirazione nasogastrica e, nella maggior parte dei casi di ostruzione completa, nella chirurgia.
Decesso per negligenza diagnostica
Il signor Giuseppe, di 77 anni, a causa di forti dolori addominali, viene ricoverato d’urgenza presso il Pronto Soccorso e immediatamente sottoposto a una consulenza chirurgica che, tuttavia, esclude l’indicazione all’intervento. Solo dopo 20 ore dal ricovero, col peggiorare delle condizioni di Giuseppe, si decide di intervenire chirurgicamente per la rimozione dell’occlusione intestinale. Nell’immediato postoperatorio Giuseppe presenta un quadro clinico molto preoccupante: presenza di iperpiressia, gravi crisi respiratorie e uno stato di shock settico, tanto che a distanza di soli due giorni decede.
IL DANNO SUBITO
Incompetente e negligente la condotta dei sanitari, i quali non hanno riconosciuto immediatamente la gravità del quadro clinico del signor Giuseppe e non hanno proceduto, come previsto dalle linee guida, ad ulteriori indagini diagnostiche. Esami che avrebbero indotto a un intervento chirurgico immediato che avrebbe scongiurato l’infausto epilogo.
IL RISARCIMENTO
La vertenza si è conclusa con l’ammissione di responsabilità da parte dei sanitari dell’Azienda ospedaliera in sede di mediazione obbligatoria e la conseguente liquidazione verso gli eredi di un risarcimento complessivo di € 450.000,00.
Le cisti sono cavità più o meno grandi, ripiene di liquido, gas o materiale semisolido, che possono formarsi in ogni organo o tessuto e possono essere congenite o acquisite. Le raccolte di materiale liquido non delimitate da una parete propria vengono definite pseudocisti. Le cisti hanno generalmente una forma rotondeggiante e possono presentarsi sia singolarmente sia in un certo numero; possono svilupparsi a qualsiasi età e in modo molto rapido. Una volta che una cisti si è formata può regredire spontaneamente o aumentare di volume.
Danni permanenti di deambulazione
La signora Ida, di 48 anni, si sottopone a un intervento per l’asportazione di una formazione cistica sulla coscia. Durante l’operazione, che viene effettuata senza essere preceduta dal consenso informato, fa seguito un’emorragia non correttamente monitorata dai sanitari, i quali, solo tardivamente, decidono per un re-intervento che però produce serie complicazioni. Dopo oltre un mese di degenza ospedaliera, la signora Ida riporta gravi danni permanenti di deambulazione e mobilità.
IL DANNO SUBITO
Purtroppo per la signora Ida, quello che doveva essere un semplice intervento, si è trasformato in ben altro. Ida infatti ha subito una lesione permanente al nervo sciatico con compromissione dello SPE, che ne ha limitato la quotidianità e l’ha resa inabile a qualsiasi mansione domestica e lavorativa.
IL RISARCIMENTO
Il giudizio incardinato avanti al Tribunale si è concluso con sentenza di condanna della struttura ospedaliera che ha corrisposto in favore della signora Ida la somma di € 380.000,00.
La ritenzione non intenzionale di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico rappresenta un evento piuttosto frequente negli interventi di chirurgia addominale e toracica. Nonostante non si disponga di dati ufficiali di incidenza, si stima che tale fenomeno si verifichi 1 volta ogni 1.000 – 3.000 procedure chirurgiche all’anno.
Il materiale più frequentemente “dimenticato” è rappresentato da garze e da strumenti chirurgici, ad esempio aghi, bisturi, adattatori elettrochirurgici, pinze o loro parti. I principali fattori che incidono sul verificarsi di tali evenienze sono rappresentati da: procedure chirurgiche in emergenza, cambiamenti inaspettati e quindi non programmati delle procedure durante l’intervento chirurgico, l’obesità, gli interventi che coinvolgono più di una equipe chirurgica e la mancanza di una procedura per il conteggio sistematico di strumenti e garze.
Prolungate sofferenze e intervento invasivo
La signora Mariza, di 63 anni, si sottopone ad intervento di colpoisterectomia e annessiectomia. Tutto sembra andato bene, ma dopo circa 2 anni la signora inizia ad accusare disturbi all’addome. Poiché col passare del tempo i fastidi aumentano, Mariza decide di sottoporsi a esami diagnostici più approfonditi e, da una ecografia pelvica, emerge la presenza di una massa sospetta che l’ecografo ipotizza attribuibile ad un carcinoma. In tempi strettissimi si decide per un intervento chirurgico, eseguito in un centro oncologico, durante il quale si è resa necessaria, oltre alla rimozione del corpo estraneo (garza), anche la resezione ileale con anastomosi ileale terminale e sutura della vescica per le tenaci aderenze che la massa ascessuale che inglobava il corpo estraneo aveva contratto con questi organi.
IL DANNO SUBITO
Per questa grave dimenticanza, le sofferenze per la signora Mariza sono state importanti e prolungate nel tempo e hanno comportato un intervento riparativo molto invasivo, con decorso postoperatorio complesso.
IL RISARCIMENTO
La vertenza si è chiusa in tempi ragionevolmente brevi con la corresponsione da parte della struttura sanitaria della somma di € 55.000.00.
La nefrectomia è l’intervento chirurgico di rimozione parziale o totale di uno o entrambi i reni. Quando è riservata a un rene soltanto, prende il nome specifico di nefrectomia monolaterale, quando invece è riservata a entrambi i reni, assume la denominazione specifica di nefrectomia bilaterale. Esistono tre tipi di nefrectomia: la nefrectomia radicale o totale, la nefrectomia parziale e la nefrectomia semplice.
Molteplici interventi per malpratica sanitaria
Il signor Dino, di 68 anni, viene sottoposto a un intervento di nefroureterectomia laparoscopica per carcinoma del rene sinistro. Dopo soli tre giorni, si rende necessaria una seconda operazione chirurgica in laparotomia per la presenza di addome acuto con referto di peritonite da perforazione diverticolare del colon. Il signor Dino lascia l’ospedale solo dopo 20 giorni con dimissione protetta.
Tuttavia, dopo 4 mesi, viene sottoposto a un ulteriore intervento di ricanalizzazione che purtroppo risulta inefficace, tanto da dover essere ripetuto a distanza di poco tempo. A pochi giorni dall’ultima operazione, si registra una grave occlusione intestinale. Dino viene quindi rioperato per la quinta volta per necrosi ischemica della parete del piccolo intestino, complicata anche dalla insorgenza di una pericolosa infezione da Klebsiella. Tanti interventi invasivi e debilitanti, in parte evitabili.
IL DANNO SUBITO
In questa vicenda è stato censurabile tanto il mancato controllo della lesione al colon ritenuta iatrogena, quanto la gestione non risolutiva delle varie colostomie: situazioni cliniche che hanno richiesto molteplici accesi chirurgici invasivi e hanno debilitato ulteriormente la salute del signor Dino.
IL RISARCIMENTO
Presi contatti con la Struttura Ospedaliera, operante in regime di autotutela, si è riusciti dopo vari contatti con gli addetti a definire la vertenza con un riconoscimento parziale della responsabilità dei sanitari e la corresponsione della somma di € 60.000,00.
Ogni intervento chirurgico comporta rischi specifici. I rischi più comuni di errori medici nella chirurgia generale includono: Lesioni di nervi, vasi ed organi durante gli interventi chirurgici, aderenze e infezioni post-operatorie, emboli e le tromboembolie per mancata terapia anticoagulante, errato posizionamento delle clips e la ritenzione di strumentazione chirurgica nel corpo del paziente.
L’errore medico in generale, non solo relativo alla chirurgia generale va ricondotto ad alcuni fattori principali:si dovrà comprovare che il medico abbia assunto un atteggiamento negligente, non rispettoso delle buone pratiche mediche o imprudente. Se ritieni di aver subito un danno durante un intervento chirurgico, è importante consultare un esperto legale in malasanità. Contattaci e raccontaci la tua storia. La nostra associazione a sostegno delle vittime di errori medici e malasanità può aiutare a valutare la specifica situazione, raccogliere le prove necessarie e determinare se si è verificata negligenza medica, imperizia medica o imprudenza medica.
Se si sospetta di essere vittima di malasanità dopo un intervento di chirurgia generale, è consigliato conservare tutta la documentazione medica relativa al caso specifico (come le proprie cartelle cliniche, non solo relative alla questione, specifica, ma anche alla storia pregressa) e contattare immediatamente la nostra associazione a tutela delle vittime di errori medici e malasanità. Un nostro esperto in materia potrà guidare la vittima di malasanità nei passi successivi per ottenere giustizia e un possibile risarcimento attraverso un accordo bonario con la struttura o il medico coinvolto.
La nostra associazione a tutela delle vittime di malasanità offre supporto legale a queste ultime anche nei casi facenti parte del ramo di chirurgia generale per far sì che i loro diritti siano rispettati e che si raggiunga il giusto risarcimento per il danno subito. Il nostro team di professionisti, sia medici che legali, combinano le proprie competenze per fornire un supporto attento e specifico al tuo caso. Ci sforziamo di ottenere un risarcimento adeguato attraverso trattative con le parti coinvolte, evitando il ricorso a processi legali quando possibile.
I tempi per ottenere un risarcimento in caso di errore medico in chirurgia generale possono variare a seconda della complessità del caso e della disponibilità delle prove. Generalmente, le trattative per un accordo bonario possono richiedere diversi mesi. Tuttavia, ogni caso è unico e i nostri avvocati potranno fornire una stima più precisa dopo una valutazione approfondita del tuo caso. Raccontaci il tuo caso e calcola il danno.