Operata nel 1962 oggi ha finalmente vinto la sua battaglia giudiziaria per il risarcimento.
La vicenda, che vede come protagonista una signora milanese di 78 anni, ha davvero dell’incredibile: la donna infatti si è vista riconoscere un danno per errore medico dopo ben 56 anni. Ebbene sì, un lunghissimo caso di malasanità, una brutta avventura che per fortuna non è caduta in prescrizione ma si è conclusa con un giusto risarcimento. Era infatti il 1962 quando nella pancia della signora, allora 22enne, venne dimenticato un ago da sutura.
La donna entrò in ospedale per un’operazione che, già all’epoca, era considerata di routine ma in sala operatoria i chirurghi “persero” un frammento di ago nel suo corpo e, pur accorgendosi dell’incidente, non dissero nulla. Quel pezzo di metallo, nei lunghi anni della sua “dolorosa permanenza”, ha provocato alla signora fortissimi dolori e infiammazioni che l’hanno costretta a continue cure antibiotiche ed enormi disagi, senza che nessun medico riuscisse mai a decifrarne la causa. Fu una lastra all’addome, eseguita nel 2000 per tutt’altro problema, a rintracciare il corpo estraneo.
Oggi la Cassazione ha riconosciuto alla “paziente” un danno da 200 mila euro.
Dopo una lunghissima battaglia giudiziaria, l’anziana signora è riuscita a ritrovare la cartella clinica sulla quale venina menzionata, nero su bianco, l’assurda dimenticanza.
L’ospedale dell’intervento non esiste più
Prima si chiamava “Istituto per la maternità” ed era gestito dalla Provincia. Col tempo, quella struttura s’è trasformata e la Provincia è diventata Città metropolitana: soggetto giuridico oggi condannato al risarcimento. La donna, durante il percorso legale, ha dovuto districarsi anche tra questi cambiamenti.
La controparte voleva la trascrizione
Questa tesi che venne accolta in primo grado nel 2009. Ma nel 2015, la Corte d’Appello di Milano, ha ribaltato la sentenza spiegando che la donna ha saputo dell’errore medico soltanto nel 2000 e, soprattutto, solo nel 2004, ha «conosciuto la condotta illecita che di quel danno alla salute costituisce causa efficiente».
Un referto che mette i brividi
Nel referto del 1962 si legge ancora: «Nelle manovre un piccolo frammento d’ago rimane perso nei muscoli del piano perineale. Non essendo possibile rintracciarlo se non a prezzo di un’ulteriore grave lesione dei tessuti necessari alla ricostruzione, si rinuncia alla sua estrazione».
Non solo quindi i medici persero un pezzo di ago da sutura ma decisero addirittura di lasciarlo lì.
E, cosa che i giudici d’Appello hanno considerato altrettanto grave, non dissero nulla alla paziente.
I magistrati hanno invece accordato pieno credito alla perizia medico-legale di parte: «Non vi sono dubbi che i frammenti di ago avrebbero dovuto essere rimossi, dopo accurati accertamenti, ad avvenuta completa guarigione delle ferite».
Il risarcimento riconosciuto dai giudici, e diventato definitivo con la Cassazione, è stato di 36 mila euro. La somma, con la rivalutazione calcolata sui 56 anni passati, è salita a 200 mila.
Insomma, a conclusione dell’incredibile vicenda, vorremmo riportarvi uno stralcio legislativo, non per tediarvi bensì per meglio comprendere come mai questo errore medico non sia caduto in prescrizione. La prescrizione infatti comincia a decorrere non dal momento in cui si è verificata la causa del danno, né tanto meno dal momento della semplice esteriorizzazione della malattia latente, ma dal momento in cui il soggetto “abbia acquisito conoscenza della riferibilità causale dell’evento dannoso al comportamento colposo di un soggetto determinato”. In altre parole, il termine di prescrizione inizia a decorrere solo “dal momento in cui la malattia viene percepita quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo”.