Nel 2019 i medici sono andati al pronto soccorso, in media, quattro volte al giorno, ma non per curare ma per farsi curare in seguito a delle aggressioni.
Sono sempre di più i casi di aggressioni ai medici e al personale sanitario in Italia, aggressioni quasi sempre verbali ma che a volte, purtroppo, sfociano nella violenza fisica.
Da un’elaborazione di dati forniti dall’INAIL fatta da Domenico Della Porta, referente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, i numeri parlano chiaro: nel 2019 i medici sono andati al pronto soccorso, in media, quattro volte al giorno ma lo hanno fatto, però, non per curare ma per farsi curare.
L’anno scorso i dipendenti del servizio sanitario nazionale hanno subito 1.388 aggressioni, circa quattro al giorno. Se si considerano gli operatori sanitari e sociali, il numero delle violenze sale a 1.850.
I più esposti al rischio sono gli addetti al pronto soccorso, seguiti da medici e infermieri che lavorano in corsia. Ma a dover “indossare l’elmetto” sono soprattutto i medici di continuità assistenziale, le guardie mediche insomma, che sostituiscono i medici di famiglia la notte e nei festivi.
Sempre da questa indagine presentata a Venezia, nel corso del convegno dedicato a «La violenza sugli operatori sanitari» è emerso che degli operatori sanitari e sociali che hanno subito aggressioni, il 71% delle vittime è donna. Il 57% dei casi sono avvenuti per mano di aggressori esterni all’ambiente di lavoro, il 13% ad opera di colleghi o datori di lavoro, e il 30% da parte di animali.
Non tutti denunciano
Dati questi già piuttosto allarmanti, lo diventano ancora di più se considerati comunque parziali. Come afferma il Presidente della FnomceO, Filippo Anelli «Bisogna pensare anche che in molti non denunciano l’infortunio all’INAIL, per una sorta di reticenza a portare alla luce inadeguatezze strutturali, o perché sotto shock, o, ancora, per non interrompere il turno di lavoro. Gli episodi reali sono quindi molti di più».
Ad occuparsi del fenomeno era stato già il primo governo Conte, che aveva approvato un ddl, proposto dall’allora ministro della Salute, Giulia Grillo, che proponeva la creazione di un Osservatorio nazionale per monitorare gli episodi di violenza ai danni dei medici e promuovere studi per aumentare i livelli di sicurezza dei posti di lavoro. Inoltre, il ddl aveva proposto un’aggravante, da inserire nel codice penale, per chi commette reati con violenza e minacce verso un operatore sanitario, che esercita le sue funzioni. Nel settembre del 2018, il Consiglio dei Ministri aveva votato la legge, che è ancora ferma, non essendo ancora passata al vaglio del Parlamento.
Nel riportare i numeri relativi all’anno scorso, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri ha alzato un’altra volta l’attenzione per una rapida approvazione definitiva di questo disegno di legge, recante disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni.
Questa decisione potrebbe consentire un reale salto di qualità nel contrasto al fenomeno, sia come forte deterrente e sia come adeguato inasprimento della pena.