Contro le gravi carenze di organico, le società intermediarie arruolano medici a gettone con zero controlli sulle ore di lavoro e grande dispendio economico: si arriva a turni di 36 ore con paghe di 75 euro l’ora.
A inizio anno, in un ospedale del Bresciano, una giovane donna muore poche ore dopo aver dato alla luce il terzo figlio. Uno dei medici che l’aveva in cura era al lavoro da 36 ore. Al momento non si può dire se questo abbia giocato un ruolo diretto sul decesso; a stabilirlo sarà la Procura, che sul caso ha aperto un’inchiesta.
Una cosa è certa: quel medico poteva stare lì dov’era anche dopo tutto quel tempo, perché a differenza dei colleghi dipendenti dell’ospedale, e quindi vincolati da un contratto al rispetto degli orari, lui era lì come gettonista, ovvero come un sanitario che ogni giorno entra negli ospedali italiani ingaggiato da cooperative esterne, per conto degli ospedali, per coprire le carenze d’organico.
I gettonisti
Ma chi sono quindi i gettonisti? Sono dei professionisti chiamati a gettone, ovvero pagati per un singolo turno (di solito di 12 ore), che operano in un settore attualmente privo di regole. Risultato: oggi è possibile, magari spinti da necessità economiche, cumulare anche più gettoni uno di seguito all’altro, senza che nessuno controlli. Ma chi di noi si farebbe visitare da un medico in piedi da 36 ore?
Il “fenomeno dei gettonisti”, sempre più diffuso, sta cambiando la fisionomia degli ospedali italiani alle prese con organici ridotti all’osso e rappresenta prima di tutto un dispendio per le casse dello Stato: per un gettone si arrivano a offrire fino a 1.200 euro a turno per singolo medico, in sostanza più della metà della paga che uno specializzando prende in un mese intero.
Carenza di medici
Intanto partiamo da un fenomeno con dei numeri impressionanti: la carenza di medici.
La situazione è arrivata a questo punto per tre motivi. Primo: il turnover in Sanità bloccato per 14 anni. Secondo: una programmazione miope con contratti mai tarati per sostituire chi va in pensione. Tre: una clamorosa accelerata delle dimissioni volontarie da parte dei medici ospedalieri, specie dopo il Covid-19, dovuta a un peggioramento generale delle condizioni di lavoro, con turni sempre più massacranti e un’aumentata conflittualità con i pazienti.
Ma qualcuno, però, in ospedale ci deve pure essere. Quindi le aziende sanitarie si affidano alle cooperative. Secondo un’indagine, su un campione di 31 ospedali, oggi un paziente ha una possibilità su 4 di essere assistito in Pronto soccorso da un medico di una cooperativa. Ma nelle notti o nei weekend la proporzione può arrivare a una su due.
Ma come trovano medici se c’è carenza?
Sembra un paradosso, ma trovare un medico per le cooperative non è difficile. Le aziende ospedaliere in difficoltà, concedono bandi remunerativi e con requisiti di accesso spesso bassi (e in ogni caso ben lontani da quelli che vengono richiesti per un medico interno, che dev’essere quanto meno specializzato).
Le offerte sui social
Incrociare la domanda con l’offerta è facile. Le cooperative mettono gli annunci sui loro siti, ma soprattutto sui social, come Telegram. E i messaggi sono come questi: “Qualcuno sarebbe interessato a coprire dei turni notturni codici minori in provincia di Vicenza? Compenso 65 euro l’ora: sono 4.680 euro per sei gettoni”. Le ore di lavoro non sembrano un problema, ad esempio “Compenso 420 euro a turno, possibilità di fare 24 ore o 48 ore consecutive (consentito dalla clinica) e turni accorpati”. E i turni consecutivi sono solo uno dei problemi, un altro riguarda la continuità dell’assistenza, con medici diversi ogni sera in reparto.
Conclusioni
A controllare sulla qualità di questi medici sono le cooperative stesse, alla serietà delle quali è affidata la valutazione dei curricula. Ed è una giungla. I loro affari però, vanno a gonfie vele (su ogni turno le cooperative trattengono una percentuale che va dal 7 al 15%). Da qui la decisione dell’Autorità per l’anticorruzione di intervenire, coinvolgendo sia il Ministro alla Sanità, sia quello di Economia e Finanze. Ci sono infatti, più aspetti in gioco: l’elevato costo dei servizi; l’inadeguatezza del servizio offerto; la scarsa affidabilità del servizio (pensiamo alla lucidità di un medico dopo 36 ore filate di servizio). Vedremo cosa accadrà.