Ecco il report del Ministero della Salute sui 4 mesi di vita del numero verde 1500. Nel Lazio record di chiamate.
A poco più di 4 mesi dall’avvio del numero verde uno cinque zero zero, i risultati sono tutt’altro che positivi. Proprio così, il numero di risposta voluto dal Ministro della Salute per fornire informazioni e dare la la possibilità di segnalare le criticità sulle liste d’attesa, non fa che registrare disservizi e malcontenti.
Sono state circa 1.800 le segnalazioni giunte al Ministero di cui il 59% per lamentarsi delle lunghe attese. Il più alto numero di proteste arrivano dalla capitale.
Si segnalano tempi biblici (soprattutto nelle grandi città come Roma, Milano e Napoli), disservizi del Cup, prescrizioni che non riportano sempre l’indicazione di primo accesso, e se si tratta di primo accesso, che non indicano la classe di priorità. E ancora, sono in pochi i cittadini che accedono ai siti istituzionali, regionali, aziendali per informarsi e chi lo ha fatto ha riferito che le informazioni presenti sui siti web delle ASL non risultano complete, chiare ed efficaci.
Ma cos’è l’uno cinque zero zero?
Per chi non lo conoscesse già, il numero di informazione e risposta non raccoglie denunce né prenotazioni. Il suo scopo è dare informazioni e recepire segnalazioni per migliorare il sistema.
Dal lunedì al venerdì, dalle ore 10 alle ore 16, al numero rispondono i dirigenti del Ministero della Salute per informare sulle modalità di accesso alle prestazioni garantite dal Servizio sanitario nazionale e raccogliere informazioni sulle esperienze dei cittadini.
I dati raccolti saranno analizzati per promuovere interventi migliorativi in accordo con le Regioni e le Province autonome, cui competono programmazione e organizzazione dei servizi sanitari.
I numeri del malcontento
Circa 1.800 sono state le telefonate raccolte dal 1500 sul tema delle liste di attesa dal giorno di attivazione del servizio, 8 ottobre, al 31 dicembre, in orario di operatività (dalle ore 10.00 alle ore 16.00). Circa 8.000 sono i cittadini che hanno contattato il servizio nell’arco delle 24 ore, utilizzando le informazioni fornite dal messaggio della segreteria telefonica dopo la chiusura del servizio.
Al Lazio va il record di chiamate. Un primato poco confortante quello della regione Lazio a cui va il record di chiamate effettuate con il 24%, seguita da Lombardia (13%), Campania (8.6%), Sicilia (8%), Toscana (7.8%) e Puglia (6%). Statisticamente irrilevanti le chiamate dal Trentino Alto Adige e dalla Valle d’Aosta (2 telefonate per regione).
La maggior parte dei cittadini (59% delle telefonate) si è lamentata per i tempi di erogazione delle prestazioni: Lazio 24%, Lombardia 13%, Campania 8.6%, Sicilia 8%, Toscana 7.8%, Puglia 6%.
Le segnalazioni sui disservizi dei CUP è risultata pari al 6.0%: Lazio 24.1%, Sicilia 20.7%, Lombardia 12.1%, Sardegna 10.3%, Toscana 6.9%, Campania Basilicata Puglia e Marche 5.2%.
Le Asl con le liste d’attesa più lunghe
Le regioni e ASL maggiormente segnalate per eccedenza dei tempi di erogazione delle prestazioni di primo accesso, sono risultate: Lazio 22.4% (RM 2, RM 1 e Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini), Lombardia 11.2% (ATS della città metropolitana di Milano, ATS della Brianza, ASST Papa Giovanni XXIII), Campania 9.7% (ASL Napoli 3 sud, ASL Napoli 1 centro, Azienda Ospedale G. Rummo), Sicilia 9.7% (ASP Catania, ASP Palermo, ASP Ragusa), Emilia Romagna 8.3% (AUSL Bologna, Azienda Ospedaliera Universitaria di Bologna, AUSL di Ferrara).
Ma cosa ci dicono questi dati?
Dalle conversazioni risulta significativa la percentuale di lamentele.
Questo dato mette in evidenza la necessità di informazione sulle modalità di fruizione dei servizi di specialistica ambulatoriale, sulle modalità di prenotazione, sul ruolo del CUP, sul significato del Piano Nazionale di Governo delle Liste di attesa del quale quasi nessuna delle persone che si sono rivolte al numero 1500 era a conoscenza.
Inoltre, i cittadini che accedono a internet ha riferito che le informazioni presenti sui siti web delle ASL non risultano chiare.
Quindi carenza di informazioni e mancanza di ascolto e tutoraggio del cittadino-paziente, hanno contribuito a creare una sbagliata percezione verso l’urgenza delle prestazioni con classe di priorità programmata (che non hanno carattere di urgenza e quindi possono essere prenotati con più attesa) sentite come “ultime e non importanti”.
Lavorare nella comunicazione già una strada. Se i cittadini vengono messi nella condizione di conoscere i propri diritti e il funzionamento del sistema, possono orientarsi meglio.
Ciò non toglie, ovviamente, sulla necessità di investire risorse proprio nel sistema, che vede nelle liste d’attesa un pericoloso attentatore della salute pubblica.