La fotografia scattata dall’Istituto Superiore di Sanità: in Italia c’è un consultorio ogni 35 mila abitanti anche se per la legge dovrebbe essercene uno ogni 20 mila.
I consultori familiari in Italia sono troppo pochi rispetto ai bisogni della popolazione ma offrono servizi essenziali per la salute delle donne e dei bambini, con differenze nelle diverse aree del Paese. È questa la prima fotografia scattata dall’Istituto Superiore di Sanità grazie al progetto CCM “Analisi delle attività della rete dei consultori familiari” finanziato e promosso dal Ministero della Salute e coordinato dal Reparto Salute della Donna e dell’Età Evolutiva dell’ISS.
In base a questa prima indagine effettuata su 1.800 consultori italiani, è emerso che il loro numero sul territorio è quasi la metà in rapporto ai bisogni della popolazione.
Servizi unici ed essenziali
Dallo studio emerge che il ruolo dei consultori è di assoluto primo piano sulla scena medica.
I consultori risultano infatti un servizio unico per la tutela della salute della donna, del bambino e degli adolescenti. Nonostante la frequente indisponibilità di risorse dedicate e la carenza di organico, tutti i consultori svolgono un’insostituibile funzione di informazione a sostegno della prevenzione e della promozione della salute della donna e in età evolutiva. Accompagnano il percorso nascita seguendo le donne in gravidanza e nel dopo parto, offrono lo screening del tumore della cervice uterina e garantiscono supporto a coppie, famiglie e giovani, sebbene con diversità per area geografica suscettibili di miglioramento.
Il ruolo dei consultori è stato e rimane strategico per il forte orientamento alla prevenzione e alla promozione della salute, in primo luogo, e per la multidisciplinarietà dell’équipe professionale, pensiamo alla presenza di figure come il ginecologo, l’assistente sociale, lo psicologo, l’ostetrica.
L’indagine
In Italia però, è ed questo il rovescio della medaglia, vi è un consultorio ogni 35.000 abitanti sebbene la legge 34/96 ne preveda uno ogni 20.000. La differenza tra le regioni è così marcata che in sette, il numero medio di abitanti per consultorio è superiore a 40.000.
La quasi totalità dei consultori partecipanti all’indagine (1.535 su 1800) operano nell’ambito della salute della donna ma se leggiamo approfonditamente i dati, di questi 622 si trovano al Nord, quasi la metà al Centro con 382, e 531 al Sud.
Analizzando le figure professionali, invece, si registra una grande sofferenza e variabilità in termini di organico tra le regioni. Prendendo come indicatore il numero medio di ore lavorative settimanali per 20.000 abitanti previste per le diverse figure professionali per rispondere al mandato istituzionale, solo 5 regioni del Nord raggiungono lo standard atteso per la figura dell’ostetrica, 2 per il ginecologo, 6 per lo psicologo e nessuna per l’assistente sociale che al Sud registra un numero medio di ore settimanali (14) che è quasi il doppio rispetto al Centro (8 ore) e al Nord (9 ore).
Cosa fare?
Per rilanciare i Consultori familiari occorrerebbe stanziare maggiori investimenti proprio su questo fondamentale presidio di salute pubblica, riformulando l’organizzazione e la gestione di alcuni servizi iniziando dallo sblocco del turnover, con sostituzione del personale andato in pensione e di prossimo pensionamento; dall’estensione gli orari di apertura; dal rilancio gli spazi per i giovani, come contrasto al disagio giovanile; dalla presenza e rivalorizzazione nell’équipe di tutte le figure professionali previste per legge, da attuare mediante contratti che garantiscano la continuità lavorativa e la stabilità delle équipe stesse.