Come abbiamo comunicato l’emergenza sanitaria? Quali errori sono stati commessi e cosa è possibile fare per non ripeterli? Oggi le parole d’ordine sono informazione corretta, sincerità e maggior relazione con i pazienti.
La pandemia ha avuto un impatto devastante in molti ambiti: sociale, economico, occupazionale, relazionale. E per la salute pubblica, ovviamente, è stata una sorta di tsunami che ha spazzato via vecchi modi di fare, lasciando enormi punti interrogativi su quale futuro attende la Sanità pubblica.
Ma come è cambiato il rapporto tra istituzioni sanitarie e cittadini dopo due anni di pandemia? Quali errori sono stati commessi e cosa devono fare i protagonisti del settore per non ripeterli?
Un interrogativo complesso, senza dubbio, ma da cui partiamo con un’affermazione: uno dei grandi lasciti di due anni di pandemia è stata la consapevolezza di come una corretta comunicazione della crisi sia indispensabile anche e soprattutto in ambito sanitario.
Comunicare la crisi
Comunicare durante una crisi sanitaria, informare in maniera corretta ed equilibrata i cittadini e controllare le situazioni di allarme e panico improvviso sono fondamentali per una comunicazione sanitaria efficace. E proprio durante la pandemia sono stati numerosi gli errori di comunicazione che hanno portato spesso ad una distorta trasmissione delle informazioni alla popolazione con un conseguente impatto negativo sull’educazione sanitaria.
I risultati di alcune ricerche confermano le criticità di gestione delle notizie soprattutto nelle prime settimane: il sovraccarico informativo, la difficoltà per i cittadini a destreggiarsi fra le numerosissime fonti ha prodotto una conseguente sensazione di disorientamento.
Abbiamo inoltre assistito a un radicale cambiamento del piano editoriale con una crescita sia del tasso di pubblicazione sia della quota di post dedicati al Covid-19. Significativo anche l’impiego diffuso e funzionale da parte delle istituzioni sanitarie di immagini (a corredo del 74,6% dei post) e di video (17%) nei contenuti dedicati alla pandemia volti a promuovere la sicurezza e il rispetto delle norme, soprattutto durante le settimane di lockdown.
I social media, tuttavia, spesso sono apparsi anche come spazi dominati dalla frammentazione delle opinioni e dove non è sempre facile costruire il confronto.
Informazioni e linguaggio
Il primo passo che un professionista sanitario deve fare è quindi raccogliere tutte le informazioni sull’andamento della crisi consultando le fonti ufficiali: istituzioni, ONG, università, enti e aziende coinvolte nella gestione dell’emergenza che di solito pubblicano comunicati stampa, ricerche e fascicoli informativi da cui attingere dati e numeri. In questa fase è possibile sviluppare una visione critica della situazione prestando molta attenzione alla veridicità delle informazioni che si vogliono divulgare.
Altrettanto importante è la modalità attraverso cui si sceglie di veicolare i contenuti elaborati, la quale deve essere semplice, diretta e comprensibile in relazione al tipo di utenza: se infatti il pubblico di riferimento è composto da persone appartenenti all’ambito medico-sanitario, allora si può pensare di pubblicare dei post informativi utilizzando un linguaggio tecnico. Se invece il target è composto da “non addetti ai lavori”, particolarmente utile è la narrazione dei fatti con un linguaggio semplice (ma non semplicistico).
Modelli da cambiare
La comunicazione della crisi sanitaria, quindi, con tutto quello che a cui ci ha esposto, dovrebbe condurre i medici a cambiare il proprio paradigma a favore di nuovi modelli di interazione con il paziente stesso. Intanto, il medico dovrebbe adottare con regolarità alcuni accorgimenti comunicativi, primo fra tutti la tracciabilità delle informazioni rese al paziente, l’aggiornamento regolare delle cartelle sanitarie, la prova dell’avvenuto processo di informazione. In più, dovrebbe evitare di commettere alcuni errori come: i no comment, l’incoerenza tra i messaggi, lo scarico di responsabilità, lavorando piuttosto sull’essere sinceri, citare fatti e circostanze, comunicare con regolarità ed evitare arroganza e minimizzazione, ma anche prestando attenzione a dinamiche quali lo stress e una certa diffidenza che caratterizza il rapporto tra personale sociosanitario e pazienti da ambo le parti.