Tanti gli errori anche in questo settore: come evitarli e cosa fare se si subiscono.
In oltre 25 anni di attività abbiamo accompagnato tanti assistiti verso il giusto risarcimento, abbiamo ascoltato storie e guardato negli occhi chi chiedeva il nostro aiuto. In tanti anni abbiamo visto cambiare la società nella quale viviamo e anche gli errori medici sono cambiati, in stretta relazione con queste trasformazioni.
Oggi infatti tra i casi di malasanità si possono annoverare quegli interventi che potremmo definire “non necessari”, nel senso che non hanno direttamente a che fare con la salute del paziente ma piuttosto con aspetti di tipo psicologico e relazionale. Sono gli interventi di chirurgia estetica.
Potremmo naturalmente discutere sull’importanza di “curare” anche l’aspetto emotivo di un individuo e quindi sulla “necessità” di piacersi e pertanto di ricorrere al bisturi laddove si ritenga l’intervento risolutivo. Ma più che affrontare questo argomento, vorremmo occuparci di ciò che conosciamo bene e abbiamo a cuore, ovvero dell’assistenza legale e personale di chi ha subito un danno derivante da un intervento estetico.
Chi sceglie di ricorrere al bisturi per finalità estetiche ha meno diritti di chi deve farlo per salute? Assolutamente no.
Chi ricorre alla chirurgia plastica ha diritto ad essere adeguatamente risarcito in caso di errore, come avviene per altri tipi di intervento. Non c’è alcuna distinzione dal punto di vista legale: un errore medico resta comunque tale anche se il paziente si sottopone alla chirurgia per scopi non strettamente legati alla sua salute fisica.
Il Tribunale di Milano all’interno di vicenda di malasanità giunta a dibattimento ha affermato che: “Chi si rivolge ad un chirurgo plastico lo fa per finalità esclusivamente estetiche e, dunque, per rimuovere un difetto e per raggiungere un determinato risultato: ne consegue che il risultato rappresentato dal miglioramento estetico dell’aspetto del paziente non è solo un motivo, ma entra a far parte del contratto, determinandone la natura.”
Vi raccontiamo ora una storia passata di recente alla cronaca e il suo esito finale di natura risarcitoria.
IL FATTO
Una donna, modella di professione, si era sottoposta a un intervento estetico che, però, non era perfettamente riuscito e aveva lasciato sul suo corpo numerose cicatrici. Nel corso del giudizio si è accertato che, il percorso affrontato per effetto degli interventi chirurgici non aveva determinato solo tracce somatiche antiestetiche, ma anche una sofferenza psicosomatica. La donna, infatti, era stata colpita da una profonda depressione.
LA SENTENZA
Considerando che le traversie sopportate per effetto degli interventi chirurgici, oltre che provocare segni fisici, hanno causato una sofferenza psicosomatica permanente, determina un congruo risarcimento (danno biologico del 15%) per le ripercussioni sul piano estetico, psichico e relazionale.
Quindi il giudice ha considerato sia il danno fisico sia quello psicologico, anche in relazione alla professione svolta dalla donna e quindi tenendo conto dell’indiscutibile peggioramento della vita di relazione, proprio in virtù del suo “ruolo” sociale.
COME DIFENDERSI DALL’ERRORE ESTETICO?
A meno che non sia un caso molto grave, l’azione legale da intraprendere contro il chirurgo non sarà penale ma soltanto di natura risarcitoria. Per poter documentare il torto subito, avere delle foto prima e dopo l’intervento, oltre che i referti medici che attestino eventuali danni, è necessario ai fini della causa. Oltre ai danni fisici ci sono anche quelli psicologici. A seconda della gravità del caso, se il giudice dà ragione al paziente riconoscendogli di aver subito un torto, un risarcimento può oscillare tra i 15.000 e i 100.000 euro.
Per evitare tutto ciò è buona norma affidarsi sempre a chirurghi dalla rinomata esperienza e a strutture conformi ai dettami della legge. Anche parlare dell’intervento con il dottore in tutti i suoi dettagli può prevenire episodi spiacevoli e incomprensioni.