Troppe notizie su eventi catastrofici alimentano lo stress

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L’amplificazione mediatica di notizie relative a catastrofi naturali o a eventi di cronaca nera, può esporre gli utenti a sintomi di stress post traumatico. 

Le persone che seguono con attenzione il clamore mediatico che si sviluppa sulla scia di eventi violenti, infatti, come stragi di massa o disastri naturali, hanno maggiore probabilità di sviluppare sintomi da stress post-traumatico. 

Seguire in modo particolarmente ossessivo le informazioni e le notizie relative ad eventi violenti/catastrofici, può aumentare lo stress al punto da raggiungere quello di chi ha realmente assistito ai fatti. È quanto emerge da un recente studio statunitense.

Boston e Orlando

Dopo l’attentato alla maratona di Boston del 2013, quando due ordigni furono collocati in prossimità del traguardo, e dopo la sparatoria all’interno del locale gay di Orlando nel 2016, un gruppo di ricercatori della University of California ha esaminato più di 4.000 adulti americani che non erano stati coinvolti negli eventi.
 
I ricercatori hanno scoperto che le persone che, nel periodo immediatamente successivo all’attentato di Boston, hanno seguito con maggiore frequenza le notizie sui mass media, hanno avuto maggior probabilità di mostrare sintomi da stress post-traumatico e timori di futuri eventi negativi nel tempo. Quelle stesse persone sono state più attente a seguire l’evoluzione degli eventi sui media dopo il massacro di Orlando, tre anni dopo.

L'esposizione mediatica legata a un trauma, quindi, non solo alimenta un maggiore stress ma perpetua un circolo vizioso di maggiore utilizzo dei media nel tempo.

 
Ricerche precedenti evidenziano come, alla base di questa copertura continua di notizie, ci sia in realtà, da parte dei soggetti che la mettono in atto, la volontà di alleviare e gestire lo stress. 

Molti di loro, infatti, hanno sostenuto come il ricevere notizie in modo massivo, li “allenasse” nell’eventualità potesse verificarsi realmente una catastrofe. Altri come invece, la ricerca di notizie fosse finalizzata al “lieto fine” o comunque alla speranza di individuare l’attentatore, di salvare dei feriti ecc. Ma di fatto, come evidenzia lo studio, l’elevato numero di notizie ha su molti soggetti l’effetto contrario.

 

Lo studio californiano
Per comprendere la connessione tra lo stress e l’essere attratti dalla copertura mediatica delle tragedie, i ricercatori hanno intervistato i partecipanti quattro volte: poco dopo l’attentato alla maratona e la sparatoria nel locale notturno, dopo sei mesi, dopo un anno e dopo tre.
 
Due anni dopo l’attentato di Boston, le persone che avevano precedentemente manifestato sintomi da stress post-traumatico erano più inclini a preoccuparsi per la possibilità che accadesse di nuovo una tragedia.E questa preoccupazione è stata associata alla maggiore attenzione riservata alla copertura mediatica e ad altri sintomi di stress dopo la sparatoria al Pulse di Orlando.


 
Cosa si può fare per ridurre lo stress?

Quando non si è stati spettatori di simili eventi e pertanto quando non sussiste lo stress post-traumatico, potrebbe essere difficile da fare, ma alcune persone avrebbero bisogno di spegnere le notizie, soprattutto ragazzi e giovani adulti che sono sempre più esposti ai social media.
 
Non tutti i media però sono uguali, e la quantità di stress che alcune persone sperimentano può dipendere dalla fonte delle informazioni.
C’è difatti un’enorme variabilità nei media accessibili al pubblico, e alcuni presentano un chiaro rischio di traumatizzazione. Mentre la maggior parte degli atti di violenza di massa coperti dai media tradizionali tendono ad essere ammorbiditi, gli utenti connessi a Internet possono essere maggiormente esposti a fonti di stress. Per esempio, in occasione della strage nelle moschee di Christchurch c’erano video live registrati dall’attentatore e resi disponibili a chiunque avesse una connessione Internet, e gruppi terroristici come l’Isis hanno diffuso sul web per anni i filmati delle loro azioni.

Categorie:News Medicina

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