Il nostro Sistema sanitario è il migliore del mondo. Anzi no.

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Siamo i primi in classifica secondo alcuni indicatori ma sprofondiamo agli ultimi posti secondo altri.

Ebbene sì, non possiamo né vantarci né rammaricarci: il nostro Sistema sanitario nazionale vive sulle montagne russe, in un continuo saliscendi di giudizi che variano a seconda degli indicatori di valutazione. Ci collochiamo al quarto posto per l’aspettativa di vita, ma finiamo in fondo alla classifica per mortalità cerebrovascolare (25°), tumore (26°) e per basso peso alla nascita (29°). Insomma, va bene per quanto riguarda la durata media della vita ma va peggio su altri fronti. 

Se paragonato ai sistemi del resto del mondo, tra le emergenze più sentite in sanità, c’è in Italia una forte carenza di personale. Il nostro Paese si colloca infatti sotto la media Ocse per la maggior parte degli indicatori, occupando il fondo della classifica per percentuale di medici al di sotto dei 55 anni (30°), per numero di laureati in scienze infermieristiche (31°) e per rapporto medici/infermieri (35°). 

Ma allo stesso tempo, per quanto riguarda l’accesso alle cure, siamo ai primi posti per tempi di attesa per l’intervento alla cataratta (2°), per la protesi al ginocchio (3°) e all’anca (4°). 

Ma quindi, cosa incide nella valutazione delle nostre performance sanitarie? 

Tutto dipende dagli indicatori.

Chi valuta il nostro Servizio sanitario? La parola agli indicatori

La comparazione delle performance dei sistemi sanitari permette a ciascun Paese di identificare i propri di punti di debolezza e di mettere in atto le opportune contromisure al fine di allinearsi agli standard internazionali. Tuttavia però, misurare la qualità di un sistema sanitario presenta numerose complessità. Le classifiche internazionali sono infatti condizionate da numerose variabili: tipo di sistema, numero di Paesi inclusi, fonte dei dati (database internazionali e nazionali, questionari strutturati, ecc.), tempistiche di aggiornamento, ecc.

Ed ecco che la posizione di ciascun sistema sanitario oscilla in maniera più o meno rilevante nelle varie classifiche: il nostro Servizio sanitario nazionale, per esempio, dal podio di Bloomberg (1° posto in Europa, 3° nel mondo) precipita al 20° per l’Euro health consumer index. Quest’ultimo, a differenza del primo, posizionando il Ssn italiano al 20° posto su 35 paesi europei ne fotografa la grande eterogeneità. «L’Italia è il paese europeo», si legge nel rapporto «con la più grande differenza tra regioni: se il servizio sanitario è governato dal ministero della salute, il punteggio complessivo dell’Italia è giallo (intermedio), in quanto risulta da un mix tra verde (alto) da Roma in su e rosso (basso) nelle regioni meridionali».

Ma come funziona il nostro Sistema sanitario nazionale? 

Il Sistema sanitario nazionale (Ssn), istituito nel 1978 per fornire copertura sanitaria completa a tutti i cittadini e residenti legali, è strutturato su tre diversi livelli:

  • governo centrale; 
  • 20 governi regionali; 
  • aziende locali (Asl) e ospedali indipendenti (IHS). 

Il Ssn si fonda sui principi di solidarietà, equità e universalità, per cui tutti hanno diritto a essere curati gratuitamente, indipendentemente dal reddito e dalla provenienza. 

Questo più nella forma che non nella sostanza. Perché punto primo, non tutto è mutuabile, punto secondo, spesso ci si rivolge alla sanità privata anche solo per accelerare tempi e superare liste d’attesa. Di fatto, ogni italiano in media paga un quarto di tasca propria per cure e servizi sanitari e gli altri tre quarti restano a carico del Sistema sanitario nazionale. 

In altri termini, il 23,7% della spesa sanitaria è privata e di questa oltre l’87% è out-of-pocket, ovvero direttamente sostenuta dai cittadini.

Ma quindi, siamo top o flop?

Quando apprendiamo che il nostro Servizio sanitario eccelle in Europa e si distingue nel mondo, pensiamo subito di aver capito male. Sono molteplici le variabili e profonde le differenze anche tra una città e l’altra, quindi dare un giudizio univoco è praticamente impossibile.

Ma in questa sede è opportuno soffermarsi su una classifica che purtroppo mette tutti gli indicatori d’accordo: quella sulla malasanità.

Per l’Eurostat, ad esempio, l’Italia è al 5° posto in Europa: un risultato che di certo non fa gioire. 

E ci collochiamo a un passo dal podio anche per altri indicatori.

Le cause sono da imputare principalmente al malfunzionamento dei macchinari, alle precarie condizioni igieniche e agli ambienti fatiscenti. Dalle rilevazioni, la gravità degli errori commessi è da attribuire in secondo luogo a carenze di medici e paramedici e a disfunzioni organizzative.

Si tratta dunque di dati legati più allo sviluppo tecnologico delle strutture, alla qualità delle cure e all’organizzazione interna che non all’errore umano. Ambiti dunque, dove è possibile intervenire.

Ma in che modo? Investendo tempo e denaro nei “gangli” del sistema sanitario, sostenendo la ricerca, l’innovazione, le persone.

Tornando alle classifiche, l’Italia è la dodicesima nazione europea in quanto a spesa sanitaria.

Ecco, spendendo più soldi e spendendoli meglio, non solo guadagneremmo terreno ma ci guadagneremmo davvero tutti.  

Categorie:News Medicina

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