Negli ospedali italiani mancano i medici: è questo il grave problema di cui soffre la nostra sanità. Vediamo di risalire insieme agli errori che hanno causato questa situazione e di capire cosa ci aspetta in futuro.
Purtroppo le liste d’attesa continuano a tenere in ostaggio chiunque debba fare una visita medica o un esame specialistico e non può permettersi di pagare di tasca propria: lunghe, lunghissime e non da ieri. Poi, nelle strutture sanitarie, vorremmo trovare il medico giusto al posto giusto e che abbia il tempo necessario per curarci. Insomma, quando c’è la salute di mezzo, ognuno di noi giustamente, pretende di essere curato velocemente e al meglio.
Tutto questo oggi non avviene per una ragione, che è il grosso problema della nostra Sanità: negli ospedali italiani mancano i medici. Lo abbiamo sperimentato in modo drammatico durante la pandemia e lo tocchiamo con mano ogni volta che dobbiamo prenotare una prestazione medica.
E ora dobbiamo vedercela anche con il fenomeno dei medici a gettone, pagati a turno e portati in corsia dalle cooperative per tappare i buchi di organico, ma senza garanzie di qualità: neolaureati, o specializzati che possono finire in reparti diversi dalla loro competenza e che possono arrivare a coprire anche 36/48 ore di fila saltando da un Pronto soccorso all’altro.
Ma quali errori sono stati commessi?
Come mai siamo arrivati a questa situazione? Le ragioni sono essenzialmente due: la prima, il blocco dei turnover scattato nel 2005, dove, come media a livello nazionale, su 100 medici andati in pensione, 10 non sono stati sostituiti. Ma in Regioni come il Lazio, la Sicilia e la Campania il numero sale a 31. La seconda: la cattiva programmazione. Negli anni non si è tenuto il conto di quanti medici sarebbero andati in pensione per formarne altrettanti. Risultato: tra il 2015 e il 2022 il saldo negativo tra pensionati e nuovi specialisti è stato di 15.585.
In futuro cosa ci aspetta?
Nel 2019, il Ministero della Salute sblocca il turnover e aumenta il numero dei posti per le scuole di specializzazione. Tenendo conto che, per formare uno specialista sono necessari 4-5 anni, almeno fino al 2024 sconteremo gli effetti di una programmazione errata. Per il 2022 e il 2023, il saldo tra pensionabili e nuovi specialisti è ancora negativo: con meno 1.189 professionisti.
Ma la domanda che ora sorge spontanea è: da qui al 2027 avremo un numero di medici sufficiente a garantire l’assistenza necessaria? Vediamo.
Su 103.092 medici che oggi lavorano negli ospedali, nei prossimi 5 anni matureranno i requisiti per andare in pensione in 29.331. Gli attuali buchi di organico non sono quantificabili, ma sappiamo che il 10% non è stato sostituito per il blocco del turnover, ciò vuol dire che almeno altri 13.000 medici mancano all’appello. Il fabbisogno totale al 2027 è dunque di 42.331 sanitari.
Per allora, quanti saranno i nuovi specialisti che usciranno dalle Scuole di Specialità? Siccome per formarli ci vogliono 4-5 anni, dobbiamo prendere i contratti di specialità del 2017/18 e del 2021/22, arrivando a un totale di 62.350. Tenuto conto che il 10% non finisce gli studi e il 25% non resta a lavorare nel Ssn, vuol dire che nel 2027 saranno pronti per gli ospedali pubblici, 42.086 specialisti. Le entrate e le uscite sono quindi in equilibrio. Va inoltre calcolato che per la pandemia sono stati assunti a tempo indeterminato 1.350 medici e altri 9.409 a tempo determinato fino a dicembre 2022, che, se confermati, daranno un’ulteriore boccata d’ossigeno.
Ma i conti tornano sulla carta, perché nella realtà le cose vanno in tutt’altra maniera. Come?
Ecco i problemi da risolvere
Banditi i posti nelle Scuole, alcune specialità non vengono scelte: quest’anno in Medicina d’emergenza e urgenza il 57% dei posti non è coperto; in Anestesia e Rianimazione il 17%; in Radioterapia il 74%. E la lista può continuare. Oggi il 71% dei primi 1.000 in graduatoria che hanno passato il concorso scelgono 7 specialità su 51, ovvero quelle con più attrattiva: cardiologia, dermatologia, pediatria, neurologia, oculistica, endocrinologia e chirurgia plastica.
Conclusioni
Per risolvere il problema, chi fa programmazione (Ministero della Salute) e chi bandisce i posti nelle scuole di specializzazione (Miur) deve bilanciare l’offerta riducendo i posti nelle specialità più richieste. Solo così è possibile coprire le reali esigenze del Ssn che emergono dall’infinità di concorsi pubblici per assumere medici ospedalieri che vanno deserti. Inoltre, vanno aggiunti riconoscimenti economici per rendere più appeal il lavoro in ospedale dove oggi si registra una grande fuga: solo nel 2021 hanno deciso di licenziarsi 2.886 medici, sfiniti dalla vita in corsia.
Nel resto d’Europa, come è giusto che sia, gli stipendi sono aumentati. Quelli dei nostri medici sono rimasti fermi, nonostante l’eroica dedizione dimostrata durante la pandemia.
Questo purtroppo è il risultato di scelte politiche miopi e niente affatto lungimiranti che stanno distruggendo il miglior sistema sanitario al mondo. Reintegrare i medici no-vax, non è la soluzione, come vorrebbero alcuni, perché il loro ritorno in servizio era già previsto per il 31 dicembre. E neppure abolire l’obbligo della mascherina negli ospedali, come vorrebbero altri, vista la condizione di fragilità di chi li affolla. Staremo a vedere.