I genitori di un bambino deceduto per una leucemia agiscono in giudizio contro i medici: non sono stati coinvolti nella scelta terapeutica che avrebbe dato loro la possibilità di optare per farmaci alternativi.
I genitori di un bambino deceduto per una forma grave di leucemia portano in giudizio i medici per inadempimento dell’obbligo informativo: i sanitari infatti non li hanno coinvolti nella scelta terapeutica che avrebbe offerto loro la possibilità di optare tra farmaci alternativi, soprattutto in considerazione del fatto si trattasse di un protocollo sperimentale.
Il consenso da parte dei genitori del paziente minore d’età costituisce esercizio del diritto all’autodeterminazione. Si tratta di un diritto distinto rispetto a quello alla salute, ma la condotta del medico può ledere sia il diritto all’autodeterminazione sia il diritto alla salute, entrambi risarcibili, purché sia fornita la prova che dalla lesione di ciascuno di essi siano scaturite specifiche conseguenze dannose. Ma veniamo al caso.
Il caso
Un bambino, ricoverato in ospedale per una forma grave di leucemia, muore dopo essere stato sottoposto a una terapia sperimentale, senza consenso, prima della quale, sarebbero stati necessari degli esami del sangue mai esegui ma invece falsificati. I genitori presentano diverse denunce al fine di accertare la negligenza della condotta tenuta dai sanitari che avevano in cura il piccolo.
Due sanitari vengono ritenuti colpevoli per aver falsificato la cartella clinica del piccolo paziente, al fine di far risultare come compiute delle analisi del sangue, in realtà, mai svolte.
Il giudice però assolve un medico dal reato di omicidio colposo accertando la conformità della terapia eseguita per la cura di quel tipo di leucemia e rigettando la richiesta di risarcimento del danno formulata dai genitori. Viene inoltre esclusa la violazione degli obblighi informativi da parte del sanitario, ritenendo questo deficit informativo irrilevante rispetto al decesso del bambino.
Ma i genitori sostengono prima di tutto il fatto di non essere stati consultati nella scelta terapeutica, poi che, visto l’impiego di un protocollo sperimentale su un minore, l’obbligo informativo era ancor più stringente. Così si giunge così nuovamente in Cassazione.
Consenso informato, diritto all’autodeterminazione e alla salute
Il consenso informato è la manifestazione del consenso del paziente a una prestazione sanitaria e svolge una funzione di sintesi tra il diritto all’autodeterminazione e quello alla salute.
Infatti, ogni individuo ha il diritto di essere curato, ma ha anche il diritto di ricevere tutte le informazioni sulla natura e i possibili sviluppi della terapia a cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative. L’obbligo di fornire informazioni spetta al medico.
Capacità pluri-offensiva dell’omissione informativa
Con la mancata acquisizione del consenso informato occorre accertare quale sarebbe stata la scelta del paziente se fosse stato correttamente informato:
- nel caso in cui il paziente avesse prestato il consenso a quell’intervento, la conseguenza dannosa sarebbe da imputare unicamente alla lesione del diritto alla salute, se causata dalla errata esecuzione dell’intervento medico;
- invece, nel caso in cui egli avesse negato il consenso a quell’intervento, il danno che scaturisce dall’inesatta esecuzione della prestazione medica, sarebbe riferibile alla violazione dell’obbligo informativo e quindi conseguenza del danno.
Le conseguenze dannose derivanti dalla lesione del diritto all’autodeterminazione, che si siano verificate in seguito all’esecuzione di un intervento medico eseguito senza la previa informazione del paziente, devono essere allegate dal danneggiato.
Conclusioni
Nel caso in esame, si rileva come nella documentazione non sia presente alcun consenso informato sottoscritto dai genitori in relazione alla terapia sperimentale in atto. Inoltre, uno dei farmaci somministrati era maggiormente tossico rispetto all’altro. Quindi, secondo i genitori del piccolo, la violazione degli obblighi informativi, l’omessa esecuzione delle analisi sui valori della coagulazione del sangue e l’utilizzo di farmaci altamente tossici hanno cagionato la prematura morte del bimbo.
Prima, la Corte d’appello aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno.
In particolare il giudice territoriale aveva accertato la conformità della terapia seguita dai sanitari per la cura della leucemia linfoblastica acuta escludendo che i farmaci somministrati al bambino e il negligente monitoraggio dell’assetto coagulativo del sangue da parte del medico avessero influito sul decesso. Inoltre, aveva escluso la violazione degli obblighi informativi, trattandosi di un deficit conoscitivo in ogni caso irrilevante rispetto all’esito del piccolo paziente.
Secondo gli ermellini, però, il giudice ha violato i parametri secondo cui” è doveroso il coinvolgimento dei genitori nella scelta della sperimentazione terapeutica, per offrire loro la possibilità di optare tra farmaci alternativi”. Pertanto, è stato accolto il ricorso dei genitori sul loro diritto all’autodeterminazione nelle cure del figlio e rinviato il giudizio alla Corte d’appello con diversa composizione.