Il decreto del ministero della Salute getta le basi per far decollare finalmente la fornitura di servizi sanitari a distanza. Riusciremo a colmare il divario con il resto d’Europa e a garantire un servizio efficiente e avanzato?
Con il decreto del ministero della Salute è scattata l’ora della telemedicina, su cui il Pnrr investe 1 miliardo di euro (3,5 miliardi a innovazione ricerca e digitalizzazione dell’assistenza sanitaria). Un decreto importante che mette nero su bianco chi potrà prescrivere ed erogare le varie prestazioni di telemedicina: dalla visita a distanza, al teleconsulto, dal telemonitoraggio, fino al telecontrollo e alla teleriabilitazione.
Nel panorama europeo, Italia indietro
L’Italia deve colmare il gap con il resto d’Europa, dove la sanità digitale ha toccato quota 47 miliardi di euro lo scorso anno e si appresta a crescere del 17% fino al 2027, quando sfiorerà i 140 miliardi. L’Italia nel 2021 si è dovuta accontentare di un +8% per 3,3 miliardi, con una prospettiva di crescita oltre 4 miliardi nel 2024.
Molti investimenti nella sanità digitale in Italia sono stati concentrati in alcune Regioni, per esempio Lombardia, Emilia-Romagna, Puglia e Lazio, e questo ha di certo frenato l’avanzare della digitalizzazione in tutto il Paese.
C’è anche da aggiungere che i cittadini faticano ad affidarsi a strumenti digitali.
Prendiamo ad esempio il Fascicolo Sanitario Elettronico attivato per tutti i cittadini. Questo è usato dal 33% dei cittadini e il 54% dei pazienti e, solo alcune Regioni, come Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Piemonte hanno una percentuale di alimentazione del Fse superiore al 50%. Campania, Liguria, Sicilia e Calabria, invece, hanno livelli che non superano il 5%.
Ma su questo fronte ci si aspetta nei prossimi anni un’evoluzione importante: il decreto ha stanziato infatti 610 milioni per l’adozione e utilizzo degli Fse da parte delle Regioni, di cui 299,6 milioni per il potenziamento dell’infrastruttura digitale dei sistemi sanitari e 311,4 per aumentare le competenze digitali dei professionisti del sistema sanitario.
Ma perché tutto questo ritardo?
La frammentazione dei sistemi regionali e le carenze strutturali dovute alla mancanza di investimenti pubblici, lo scarso coordinamento nazionale, le scarse competenze digitali di base sono le principali cause del gap tra Italia e Resto d’Europa. Dunque, è necessario garantire una più diffusa accessibilità ai servizi sanitari e migliorarla attraverso la tecnologia e un’esperienza utente più fluida.
Dobbiamo anche fare i conti con un ampio disallineamento tra domanda e offerta. Una recente ricerca infatti ha rilevato che solo il 4% delle farmacie offre un servizio di teleassistenza, ma la richiesta è del 43%. Bisogna quindi lavorare per migliorare l’analisi dell’effettiva domanda e richiesta al di fuori della situazione emergenziale su cui oggi si sta concentrando l’offerta.
Un esempio importante
Ci sono best practice del privato a cui il pubblico può attingere, il riferimento è a soluzioni tecnologiche user friendly, come quanto proposto da MioDottore. Da una recente ricerca di MioDottore emerge che post-Covid più di un terzo degli italiani (35%) è propenso a utilizzare soluzioni come i video-consulti, mentre fino al 2019 quasi la totalità dei connazionali (92%) non era mai ricorsa a questo servizio.
Il servizio di video-visite, nato per far fronte alle esigenze del primo lockdown, è oggi una modalità aggiuntiva e complementare per entrare in relazione con gli specialisti, sia per un primo colloquio sia per appuntamenti di routine. Un’offerta non diretta solamente ai più giovani, ma a tutte le fasce d’età (in Italia il paziente 3.0 ha un’età compresa tra 25 e 44 anni e il segmento over 45 rappresenta quasi il 37% dei pazienti, ben 10 punti percentuali in più rispetto alla media degli altri paesi.
Conclusioni
La pandemia ha avuto due effetti principali: se da un lato ha accelerato la trasformazione verso una sanità più digitale e virtuale con l’adozione di nuovi modelli di assistenza domiciliare e di telemedicina, dall’altro ha messo in luce tutte le difficoltà del sistema sanitario che solo in parte è stato in grado di adottare e offrire un approccio tecnologico ben strutturato. Oggi da questo nuovo decreto ci aspettiamo una vera e propria trasformazione: la gran parte degli investimenti digitali previsti vanno nella direzione di creare una nuova cultura sanitaria digitale a misura di paziente. Non crediamo in una rivoluzione immediata, ma nel breve tempo, speriamo si realizzi.