Il rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti Covid-19 evidenzia che dei 758 decessi segnalati, solo 22 sono correlabili con la vaccinazione ovvero lo 0,02% su 108,5 milioni somministrazioni.
L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha pubblicato i risultati del Rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti Covid-19, analisi che raccoglie i dati nell’anno di campagna vaccinale dal 27 dicembre 2020 al 26 dicembre 2021 per i quattro vaccini in uso nella campagna vaccinale in corso.
In questo arco di tempo sono state 117.920 le segnalazioni di sospetto evento avverso successivo alla vaccinazione, su un totale di 108.530.987 dosi di vaccino, con un tasso di segnalazione di 109 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate, indipendentemente dal vaccino e dalla dose.
L’Aifa ricorda che una segnalazione non implica necessariamente, né stabilisce in sé, una causalità tra vaccino ed evento, ma rappresenta un sospetto che richiede ulteriori approfondimenti, attraverso un processo definito di “analisi del segnale”.
Gli eventi avversi
Andiamo ora ad analizzare gli eventi avversi segnalati come sospetti. L’83,7% delle segnalazioni è riferita a eventi non gravi, con un tasso di segnalazione pari a 91/100.000 dosi somministrate, e il 16,2% a eventi avversi gravi, con un tasso di 17,6 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate, indipendentemente dal tipo di vaccino, dalla dose somministrata e dal possibile ruolo causale della vaccinazione. Complessivamente quindi i sospetti eventi avversi gravi segnalati sono riferibili solo allo 0,002% delle somministrazioni effettuate.
E l’effetto “nocebo”?
L’Aifa ha anche riportato i dati sulle reazioni ansiose alla vaccinazione e gli eventi correlati allo stress da vaccinazione, ovvero quegli eventi determinati dalla risposta emotiva alla vaccinazione, il cosiddetto effetto “nocebo”.
L’Aifa ha analizzato dati relativi a 12 studi internazionali, che hanno coinvolto un totale di
45.380 pazienti (22.802 che hanno ricevuto un vaccino e 22.578 un placebo), l’effetto nocebo ha rappresentato fino al 64% di tutte le reazioni avverse, con una frequenza di eventi avversi di tipo sistemico del 35,2% e di tipo locale del 16,2% nei pazienti trattati con placebo.
I decessi correlabili
Complessivamente sono stati segnalati 758 decessi di questi 580 sono stati ritenuti idonei alla valutazione del nesso di causalità secondo gli standard dell’Oms ma quelli risultati poi effettivamente correlabili alla vaccinazione sono solo 22, sette in più rispetto ai 16 registrati nei precedenti nove rapporti mensili che hanno coperto il periodo 27 gennaio 2020/27 settembre 2021.
In base ai dati disponibili, osserva Aifa, è possibile che alcuni eventi attesi per i vaccini possano avere conseguenze clinicamente rilevanti in alcuni soggetti anziani fragili, specialmente se si presentano con particolare intensità (come l’iperpiressia), a fronte di un beneficio indubbio della vaccinazione in quella fascia della popolazione.
L’analisi clinica
Dei 22 decessi correlati al vaccino, 10 hanno riguardato persone colpite dal virus tra 3 settimane e 7 mesi dal completamento del ciclo vaccinale, con stati di fisici di immunosoppressione o condizioni di fragilità per pluripatologie, ed un’età compresa tra i 76 e i 92 anni.
Per 2 persone fragili, il vaccino ha innescato uno scompenso delle condizioni cliniche fino al decesso, anch’esse con un’età compresa tra i 76 e i 92 anni.
Per 10 decessi avvenuti per trombosi, si sono recentemente resi disponibili i documenti clinici per la valutazione ed analisi.
Non sono vaccini sperimentali
In conclusione, l’Aifa ci ricorda come questi vaccini non siano sperimentali, fatto spesso richiamato da molti oppositori alla vaccinazione anti Covid-19.
Nel rapporto Aifa, infatti, si legge come nessuna delle fasi dello sviluppo pre-clinico e clinico dei vaccini è stata omessa (test di qualità, valutazione dell’efficacia e del profilo di sicurezza) e il numero dei pazienti coinvolti negli studi clinici è lo stesso di vaccini sviluppati con tempistiche standard.
“Lo sviluppo clinico in tempi molto rapidi – sottolinea ancora l’Aifa – è stato possibile grazie a grandi investimenti economici e di know-how, che hanno permesso alle aziende farmaceutiche e alla ricerca di affiancare le diverse fasi di sviluppo clinico e di arruolare negli studi di fase 3 un numero molto elevato (decine di migliaia) di partecipanti.”