Lo scudo penale per i medici vaccinatori esclude la punibilità quando si dimostra di aver compiuto il proprio dovere professionale nel rispetto delle regole. Ma la norma non impedisce azioni giudiziarie contro i sanitari.
L’articolo 3 del decreto legge 44/2021 stabilisce che a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARSCoV-2, effettuata nel corso della campagna vaccinale, la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni delle Autorità competenti.
Si tratta dello “scudo penale” richiesto da medici e personale sanitario per proteggersi dagli atti giudiziari di persone che hanno subito danni a causa della somministrazione del vaccino.
Il decreto introduce uno scudo penale per i vaccinatori che dimostrino di avere compiuto il proprio dovere professionale con rigore e rispetto delle regole, ma il personale sanitario sarà comunque iscritto, come si usa dire, a titolo “cautelativo”, nel registro degli indagati.
Infatti, nel caso in cui a causa della somministrazione del vaccino si dovesse verificare un evento, riconducibile alle lesioni personali colpose o all’omicidio colposo, il personale sanitario prima di essere dichiarato non punibile, sarà ugualmente sottoposto a un procedimento penale.
Ma partiamo dall’inizio.
Quando è nato lo scudo penale
L’idea dello scudo penale venne inizialmente pensata nell’ambito dell’Ilva come forma di garanzia per Arcelor Mittal che poneva, appunto, la protezione da rinvii a giudizio come condizione per far ripartire gli impianti. La norma prevedeva la non responsabilità penale dei vertici aziendali nella gestione degli altoforni secondo il piano ambientale.
L’analogia concettuale con lo scudo penale Covid-19 è evidente: così come i manager Ilva non sono responsabili penalmente se attuano il piano ambientale, non è penalmente responsabile (peraltro, solo per omicidio colposo e lesioni) chi somministra il vaccino “secondo le regole”.
Iscrizione nel registro degli indagati
L’attuale scudo penale per il vaccino ripete in buona sostanza quello che è già sancito dalla legge e cioè che il personale sanitario che si attiene alle regole di settore non rischia nulla. In realtà, quindi, ha soprattutto un effetto psicologico perché tende a tranquillizzare i sanitari impegnati, in questo momento drammatico, nella somministrazione di vaccini che, a volte (specie per Astrazeneca), possono essere accompagnati da effetti collaterali gravi o addirittura letali.
E, quando questo accade, si ritrovano iscritti come indagati per lesioni colpose o omicidio colposo.
Le prime fasi delle indagini, tese ad accertare le cause della malattia o del decesso, devono necessariamente essere a tutto campo e iniziano dall’evento dannoso (lesioni o morte) del vaccinato. Ed è proprio per questo che il personale sanitario si ritrova indagato: non perché, in quel momento, vi siano reali indizi di colpevolezza a loro carico ma per dare loro la possibilità di controllare e di partecipare, con i loro legali e consulenti, agli atti (autopsia, ad esempio) delle indagini, che riguardano anche il loro operato.
Un atto dovuto
L’iscrizione nel registro degli indagati appare quindi come un atto dovuto a loro tutela e garanzia di difesa che, tuttavia, nei fatti, li vede coinvolti umanamente e personalmente, e anche sotto il profilo delle spese. Certo, una soluzione sarebbe quella di non iscriverli come indagati a meno che non vi siano già reali indizi concreti di colpevolezza a loro carico. Ma, se poi le indagini evidenziassero una loro responsabilità, si troverebbero di fronte alle risultanze di atti effettuati senza dare loro garanzie difensive.
Conclusioni
Come diceva Colin Powell, ex Segretario degli Stati uniti, “Nessun piano resiste all’impatto con la battaglia”. Dunque, si potrebbe concludere, che avere emanato lo scudo vaccinale non sarà stata un’operazione giuridicamente perfetta, ma nel breve periodo risolve un problema. Ma, è proprio questo il punto, spesso i problemi si risolvono inserendo ulteriori livelli di complicazione e non semplificandoli.