È davvero possibile sostituire o integrare una terapia farmacologica con una digitale? La risposta è sì: non si tratta di fantascienza, ma della nuova frontiera della sanità digitale, trattandosi di software validati clinicamente esattamente come i farmaci.
Non si tratta di una semplice app salute come ce ne sono molte. Non si tratta nemmeno di interventi di tele-monitoraggio o di sistemi che aiutano i pazienti nella gestione delle loro patologie.
Si tratta di un vero e proprio trattamento curativo, studiato con le stesse regole usate per studiare i farmaci al fine di verificarne la sicurezza, l’efficacia e gli eventuali eventi avversi.
Le terapie digitali (Digital Therapeutics, Dtx) sono disegnate per modificare il comportamento di un paziente allo scopo di migliorare gli esiti della sua malattia
Ciò che differenzia le terapie digitali dai farmaci è il principio attivo, ovvero l’elemento della terapia responsabile dell’effetto clinico: molecola chimica o proteica nel caso del farmaco, un algoritmo nel caso della terapia digitale.
Forme digitali
Il principio attivo di un farmaco chimico è una sostanza che per essere utilizzata dal paziente deve assumere una forma farmaceutica: compressa, fiala, crema
In modo analogo, un algoritmo deve assumere una forma in grado di interagire con il paziente per poter essere da questi utilizzato. Tale forma può essere una app da usare con uno smartphone, un videogioco da usare con una consolle, un sensore da usare con un inalatore di farmaci per il respiro.
La scelta della forma farmaceutica più appropriata dipende sia dalle caratteristiche del paziente (adulto, bambino, anziano) che dall’indicazione terapeutica.
Ma è possibile integrare o sostituire le terapie tradizionali con la tecnologia?
A quanto pare, sì. Dalle malattie metaboliche a quelle cardiovascolari, da quelle del sistema nervoso centrale a quelle respiratorie passando per la disassuefazione del fumo, il ventaglio di applicazione delle Dtx è molto vasto e tante aziende, per lo più statunitensi si sono già inserite in questo comparto.
Più nello specifico è importante sottolineare che le terapie digitali tendono a dedicarsi a patologie che la medicina classica non è in grado di curare, ma che richiedono percorsi assistenziali lunghi, come ad esempio le malattie croniche (dipendenze, ipertensione, asma, ad esempio) o i disordini neurologici. Inoltre, possono essere utilizzati in modo indipendente o insieme ad altri farmaci e terapie per ottimizzare i risultati.
Il mercato offre grandi opportunità nei Paesi in cui queste opzioni terapeutiche sono state riconosciute come veri e propri farmaci dalle Autorità regolatorie, che ne autorizzano anche il rimborso da parte della sanità pubblica. Come già avviene, per esempio, negli Usa e in Germania.
La situazione in Italia
Se pensiamo che potrebbe arrivare a 9,4 miliardi di dollari entro il 2028 il valore del mercato globale delle terapie digitali, con un tasso di crescita composto del 22,1%, per l’Italia sarebbe una grande opportunità di sviluppo.
Ma nel nostro Paese, sono ancora molte le criticità da superare per consentire un ingresso di queste nuove opzioni terapeutiche nella pratica clinica, a partire dalla scarsa conoscenza di queste opportunità non solo da parte dei pazienti, ma anche della stessa classe medica e delle istituzioni sanitarie.
Solo infatti creando una cultura sulle terapie digitali che si estenda su più livelli: clinici, scientifici, accademici, tecnologici, regolatori, politici, istituzionali, l’Italia potrà affrontare la sfida delle terapie digitali senza correre il rischio di subirle, magari adottando soluzioni sviluppate e studiate all’estero.
