Nel procedimento penale per il positivo accertamento del nesso causale si adotta un criterio di probabilità logica che consenta di affermare che, al di là di ogni ragionevole dubbio, il comportamento omesso avrebbe salvato o prolungato la vita del paziente.
In caso di omesso o intempestivo intervento medico, per ritenere colpevole e condannare penalmente un sanitario occorre verificare che quell’intervento, ove correttamente eseguito, avrebbe potuto realmente salvare la vita del paziente. Quindi, in caso di errore medico il giudice penale non può attingere a criteri di mera probabilità statistica (la cosiddetta teoria della perdita di chance di sopravvivenza), ma deve fare riferimento esclusivamente al criterio di alta probabilità logica, fondato sulle evidenze scientifiche del caso.
Ciò che consenta di affermare che, al di là di ogni ragionevole dubbio, il comportamento omesso avrebbe salvato o prolungato la vita del paziente. Questo il principio di diritto affermato in una recente pronuncia della Corte Suprema di Cassazione del 17.04.2020, n. 12353.
Il caso
In primo e in secondo grado, un medico veniva condannato per omicidio colposo a causa del decesso di una sua paziente affetta da idrocefalo triventricolare (si tratta dell’aumento di liquido all’interno di alcune cavità che si trovano nel cervello, ossia i ventricoli).
Secondo i giudici di merito, il sanitario aveva sottovalutato colposamente le condizioni della paziente; infatti, pur disponendo degli esiti della TAC, non l’aveva sottoposta tempestivamente ad un intervento per ridurre la pressione intracranica al fine di favorire la fuoriuscita del liquido.
Così facendo, si era determinato un danneggiamento irreversibile del cervello, da cui era derivata la morte.
I giudici avevano perciò ritenuto che una tempestiva attivazione avrebbe avuto un intervento salvifico, nonostante il collegio dei periti nominato per il caso avesse evidenziato che se anche l’operazione fosse stata eseguita, con alta probabilità (80/90%) la paziente non si sarebbe salvata.
Il giudizio controfattuale
La Corte di Cassazione, interessata della questione, ricorda brevemente la nozione di causalità e di giudizio controfattuale necessarie per affrontare il caso.
In ambito penale, è causa di un evento quel fatto antecedente senza il quale l’evento stesso non si sarebbe verificato. In buona sostanza, un comportamento umano:
- è causa di un evento solo se senza tale condotta, l’evento non si sarebbe verificato;
- non è causa dell’evento se, anche in mancanza di tale comportamento, l’evento si sarebbe verificato egualmente.
Il giudizio controfattuale è un giudizio operato diciamo “contro i fatti”. Si tratta dell’operazione intellettuale con cui ci si chiede se si sarebbe verificata la medesima conseguenza (ovvero la morte del paziente), qualora una determinata condizione (in questo caso, la condotta omissiva e intempestiva del medico) venga eliminata dal processo causale.
In caso positivo (cioè la paziente sarebbe deceduta), allora la condotta dell’imputato non costituisce causa dell’evento. Il giudizio controfattuale rappresenta il fondamento della teoria della causalità accolta dal nostro codice penale.
Quindi in buona sostanza, occorre riferirsi sempre al caso concreto. La Corte di Cassazione sottolinea come sia necessario ricostruire tutti gli anelli della catena causale per accertare la sussistenza (o meno) del nesso tra il comportamento del sanitario e l’evento di morte. Infatti, nell’ambito della responsabilità medica, occorre conoscere ogni dato scientifico sul decorso della malattia, solo in tal modo si rende possibile analizzare la condotta omissiva colposa addebitata al medico ed effettuare il giudizio controfattuale.
Conclusioni
Secondo la Suprema Corte, i giudici di merito non hanno correttamente applicato i principi relativi all’accertamento del nesso causale tra reato omissivo e morte. In particolare, non hanno tenuto in debita considerazione la percentuale di successo, qualora il medico avesse effettuato tempestivamente l’operazione chirurgica al cervello.
In conclusione, quindi il giudice penale deve fare riferimento al criterio della probabilità logica, intesa come la verifica aggiuntiva rispetto al singolo evento oggetto di giudizio.